Roma, 17 aprile – Le misure di distanziamento sociale imposte dai decreti “#Iorestoacasa” e “Chiudi Italia” hanno ridotto il sovraccarico degli ospedali e soprattutto delle terapie intensive. Ma sul contenimento del contagio i risultati non sono affatto rassicuranti e invitano alla massima cautela.
È quanto emerge da un’analisi della Fondazione Gimbe delle possibili cause per informare le istituzioni sui parametri per avviare la cosiddetta fase 2 e per sensibilizzare decisori, datori di lavoro e popolazione su inefficienze e responsabilità. “L’efficacia delle misure di distanziamento sociale sul contenimento dell’epidemia” afferma il presidente Nino Cartabellotta (nella foto) “dipende da tre fattori: tempestività, intensità e aderenza della popolazione. Di conseguenza, per valutare gli effetti dei decreti “#IoRestoACasa” e “Chiudi Italia”, bisogna anzitutto essere consapevoli che siamo partiti in ritardo, che il lockdown non è stato affatto totale e che l’aderenza della popolazione è stata buona, ma non eccellente, a giudicare dal numero delle sanzioni elevate nel corso dei controlli”.
Secondo la roadmap lanciata ieri dalla Commissione europea per la ripartenza, è fondamentale ridurre e stabilizzare il numero di ricoveri e/o dei nuovi casi per un periodo di tempo prolungato. “Di conseguenza una programmazione scientifica della fase 2 non può inseguire i numeri del giorno” osserva Cartabellotta “ma deve osservare almeno le variazioni settimanali”.
Al riguardo, i dati degli ultimi sette giorni sui contagi non sono affatto incoraggianti: se, infatti, si è ridotto il numero dei pazienti ricoverati con sintomi (-3,0%) e soprattutto di quelli in terapia intensiva (-16,6%), si registra per contro un aumento dei casi totali del 18,0% (+25.733), di cui 3.976 decessi (+22,5%).
“Nonostante il contagioso entusiasmo per l’avvio della fase 2″ conclude Cartabellotta “serve la massima prudenza: se oggi, infatti, ospedali e terapie intensive iniziano a ‘respirare’, i numeri confermano che la curva dei contagi non è affatto sotto controllo e il rischio di una nuova impennata dei casi è sempre in agguato”.