Roma, 24 luglio – Con una sortita che non giunge davvero inattesa, l’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori enti e ospedalità privata (Uap) ha diramato una nota ufficiale per chiedere una tutela adeguata per la vera medicina di territorio, per fornire “un servizio a 360 gradi”. Frase che – tradotta – significa di smettere di concedere riconoscimenti, concessioni e fondi alle farmacie per erogare (senza averne titoli e competenze) prestazioni e servizi che a rigore sarebbero di pertinenza delle strutture sanitarie rappresentate dalla Uap, sigla che riunisce tutte le 18 associazioni di categoria delle oltre 95mila strutture sanitarie presenti sul territorio.
Se poi il governo dovesse continuare a “supportare” il percorso dei servizi in farmacia nei termini in cui lo sta facendo, Uap si riterrà libera “di poter commercializzare farmaci all’interno delle strutture sanitarie medesime”, oltre ovviamente a sentirsi legittimata ad “adottare le medesime procedure richieste alle farmacie” in termini di erogazione di servizi e prestazioni sanitari.
Dopo il “malpancismo” e l’insofferenza espressi a mezza bocca nei mesi scorsi di fronte alle decisioni governative in materia di farmacia dei servizi, la Uap passa all’attacco e dà pubblica voce alla propria protesta, stigmatizzando “lo stanziamento di fondi alle farmacie per erogare servizi sanitari, (il riferimento è in particolare alla recentissima assegnazione di 3 milioni di euro disposta dalla Regione Emilia Romagna per finanziare le prestazioni e le funzioni assistenziali erogate dalle farmacie per conto del Servizio sanitario regionale, NdR), sottraendoli alle strutture sanitarie private autorizzate e private convenzionate che costituiscono la vera sanità di territorio”.
“Il paradosso a cui stiamo assistendo è proprio quello di vedere che vengono stanziati fondi per strutture in possesso di una mera autorizzazione comunale alla commercializzazione di prodotti, ma che sono prive dei 420 requisiti richiesti dal decreto legislativo n. 502/1992 a tutela della salute dei cittadini” scrive la Uap. “È evidente il mancato rispetto del principio di uguaglianza costituzionalmente sancito all’art. 3, che da un lato consente alle farmacie di erogare prestazioni sanitarie senza il possesso dei requisiti richiesti agli ambulatori, poliambulatori autorizzati privati e autorizzati convenzionati, cliniche e ospedalità pubblica e privata autorizzata, in totale violazione del decreto legislativo n. 502/1992 e del Regio Decreto del 1934, e dall’altro non autorizza questi ultimi a vendere farmaci. Questa modalità operativa del Governo fa pensare che non tutti abbiamo piena libertà, ma che ci troviamo in pieno Far West, dove viene garantita non già la sanità dei cittadini, ma la possibilità di guadagni economici”.
E, questo il senso finale del messaggio della Uap al Governo, se Far West ha da essere, allora anche non resterà che adeguarsi. Cominciando, magari, proprio dal vendere farmaci negli ambulatori.