Roma, 26 novembre – Il Governo reagisce alle accuse, diffuse, ripetute e invero avanzate da una composita pletora di soggetti, relative all’inadeguatezza delle misure fin qui opposte alla difficile (ma c’è chi la definisce pre-agonica) situazione del sistema sanitario pubblico. Accuse che, come è ben noto, riguardano in particolare il finanziamento del Fsn previsto dalla Manovra 2025, ritenuto largamente e colpevolmente insufficiente, tesi che la compagine governativa respinge, passando al contrattacco. “Dati non verificati al servizio della propaganda antigovernativa, narrazione distorta che procura danni al Ssn” ha replicato venerdì scorso il ministro della Salute Orazio Schillaci in una piccata nota ufficiale (RIFday ne ha riferito ieri).
E al fianco del titolare della Salute si è subito schierato, asseverandone le affermazioni, il ministro dell’Economia e delle Finanza Giancarlo Giorgetti (nella foto), intervenuto in video collegamento agli Stati generali della Sanità organizzati dalla Lega, il suo partito di appartenenza. “La manovra sostiene con forza il sistema sanitario nazionale, stanziando ulteriori 12 miliardi in tre anni, questo significa che il finanziamento complessivo passerà da 134 miliardi nel 2024 a 141 miliardi nel 2027” ha detto il titolare del Mef, secondo il quale “l’incremento medio nel periodo 2025-2027 sarà superiore al tasso di crescita della spesa pro capite media. Questo vuol dire che il Governo, mentre mette sotto controllo tutta la spesa pubblica, farà crescere le risorse per la sanità, tema che considera cruciale e fondamentale”.
Giorgetti ha quindi aggiunto che “per il periodo 2027-2036 sono stanziati 1,3 miliardi per il potenziamento e la ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. Le spese sanitarie resteranno escluse dal tetto delle revisioni di spesa delle detrazioni”. Questi numeri, ha affermato il ministro dell’Economia rilanciando il refrain di Schillaci, “certificano la falsità delle narrazioni strumentali”.
Il ministro ha quindi definito “un dato positivo” la forte spinta alla sanità digitale, alla quale “bisogna dare continuità anche oltre il 2026. Mi riferisco alla telemedicina e all’utilizzo dei dati con la costruzione di un ecosistema condiviso che è un asset fondamentale per agire sulla prevenzione, intesa anche come abitudini di stili di vita salutari“.
Il ministro ha poi voluto sottolineare che “la politica della sanità non può esaurirsi nella programmazione e nella gestione della spesa in senso stretta. Bisogna integrarla con la politica dello sport e poggiarla sulla politica dell’alimentazione. Il mio invito è tenere presente questa molteplicità di dimensione”. Quindi la conclusione: Possiamo essere orgogliosi degli sforzi che il nostro governo e nostri governatori stanno facendo“.
Le parole di due ministri della Repubblica meritano ovviamente il massimo credito e il massimo rispetto. Ma resta da chiarire, a questo punto, se vanno considerate “falsità strumentali” e dunque parte della “narrazione distorta che procura danni al Ssn” anche le dichiarazioni rese in sede istituzionale (in audizione davanti alle Commissioni parlamentaricompetenti sui contenuti della manovra di bilancio 2025) dalla presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB) Lilia Cavallari (nella foto) lo scorso 5 novembre (RIFday ne ha riferito qui).
In quell’occasione, la presidente dell’UpB – pur riconoscendo che la manovra 2025 prevede un rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale per importi crescenti, da 1,3 miliardi del 2025 a 8,9 dal 2030, comprensivi delle risorse per i rinnovi contrattuali – aveva evidenziato l’esistenza di un problema irrisolto che il ddl Bilancio nemmeno prova a risolvere: il tasso di crescita del finanziamento resta sempre inferiore a quello del Pil nominale programmatico. In altre parole, la sanità continua a soffrire di una situazione di sotto-finanziamento reale – per quanto ci si possa affannare a sostenere il contrario – e così stando le cose non potrà che continuare ad avvitarsi sempre di più nella sua drammatica crisi. Anche perché – a sostenerlo è sempre l’Ufficio parlamentare di Bilancio – “eventuali modifiche per aumentare gli stanziamenti richiederebbero riduzioni di altre voci di spesa o interventi discrezionali di aumento delle entrate”. Ed è fantascienza pensare che il Governo possa anche solo pensarci, a quegli “interventi discrezionali” che, in parole povere, significherebbero un aumentodel le imposte.
Ma l’UpB, nella sua audizione, era stato ancora più circostanziato: è vero che “in termini di incidenza sul Pil la spesa sanitaria tornerebbe nel 2026 al 6,4 per cento, livello pre-pandemia” aveva detto la presidente Cavallari. Ma considerando che la stessa spesa “è prevista crescere a un tasso superiore a quello del finanziamento del Ssn, vi è il rischio di un significativo aumento del disavanzo dei servizi sanitari regionali, anche oltre il 2027”. Ergo, pur dando atto delle maggiori risorse nominalmente assegnate alla sanità, l’UpB lascia ampiamente intendere che esse non possono in tutta evidenza bastare, anche a causa di quella che continua a essere una delle principali, se non la prima, criticità del Ssn, ovvero la carenza di personale, che potrà essere sanata solo convogliando le necessarie, ingenti risorse. Ma – ha rilevato l’UpB nell’analisi illustrata ai parlamentari – nella manovra di Bilancio 2025 “non sono finanziate nuove assunzioni. Vengono disposti il finanziamento delle prossime tornate contrattuali e l’incremento di una serie di indennità”. Ovvero le risorse appena necessarie per il cosiddetto “minimo sindacale”.
E le nuove assunzioni senza le quali la sanità è inevitabilmente destinata ad affondare? Forse Giorgetti, Schillaci e la presidente Meloni troveranno il modo e il tempo di rispondere. Anche se il timore è che la risposta continuerà a essere quella di sempre: “Nessuno ha mai messo sulla sanità i soldi che abbiamo messo noi”. Che a qualcuno potrà anche sembrare una buona risposta, se non fosse che – come dimostrano la realtà delle cose, decine di analisi e valutazioni di istituti al di sopra di ogni sospetto, UpB compreso, e l’arrabbiatura con almeno quattro zeta di tutto il “popolo della sanità” – è la risposta sbagliata. Perché alla fine la vera e unica domanda, quella che conta, è: sì, vabbe’, ma bastano a risolvere i problemi e salvare prima e rilanciare poi il Ssn?