Roma, 4 febbraio – Si può guardare all’Europa e ai suoi modelli, come fanno le sigle delle farmacie private e pubbliche, solo quando conviene e – per esempio – trarne ispirazione per proporre anche il Italia la figura dell’assistente di farmacia, ruolo ben definito in alcuni Paesi? Certamente sì. Ma allora bisognerebbe farlo anche “quando si parla di accesso alla titolarità delle farmacie o alla giusta retribuzione dei farmacisti dipendenti”, ambiti per i quali il “modello europeo” per qualcuno smette invece di esistere.
Enrico Cancellotti, presidente di Unaftisp (nella foto), stigmatizza in un comunicato stampa diramato ieri l’inclinazione europeista di chi l’Europa sembra in realtà guardarla poco, soprattutto in quei Paesi dove “chiunque abbia una laurea in farmacia può aprire una farmacia dove e quando vuole, senza dover aspettare concorsi o ereditare la licenza”. Paesi con un mercato più aperto, dove “la concorrenza porta a una maggiore accessibilità del servizio per i cittadini con prezzi più bassi e a migliori condizioni di lavoro per i farmacisti”, mentre in Italia il numero delle farmacie è ancora regolato dalla pianta organica in base alla popolazione, criterio riferito a un’Italia che non c’è più ma – soprattutto – che “non tiene conto dell’evoluzione del settore e delle nuove esigenze dei pazienti”.
La pianta organica, sostiene il rappresentante delle parafarmacie, aveva senso quando venne istituita ed era necessario garantire la distribuzione capillare delle farmacie sul territorio nazionale, evitando che gli esercizi si concentrassero nei centri urbani lasciando aree sprovviste di servizio, argomenta il presidente Unaftisp nella sua nota. “Oggi, però, la pianta organica è diventata un ostacolo alla libera concorrenza, diventando uno strumento per impedire più aperture. Negli altri Paesi europei la pianta organica o non esiste o ha delle limitazioni meno rigide, perché si punta sulla concorrenza per migliorare il servizio ai cittadini e garantire stipendi più alti ai farmacisti”. Non sarà del tutto inutile ricordare, al riguardo, che è stata proprio la Corte di Giustizia europea, sollecitata al riguardo dai quesiti sollevati da tribunali italiani ed europei in materia di “legittimità” di norme nazionali che pianificano l’apertura delle farmacie sul territorio, a ribadire in due diversi giudizi la “compatibilità” della pianta organica delle farmacie con il diritto comunitario.
Per Cancellotti, però, è sbagliato insistere su un sistema che, mantenendo basso il numero di farmacie, “non ha altro scopo che quello di limitare la concorrenza e proteggere le rendite di posizione degli esercizi esistenti“, e torna quindi a proporre l’adozione del modello tedesco: in Germania non esiste un numero chiuso e – secondo il presidente di Unaftisp – “le farmacie prosperano con fatturati molto più alti rispetto a quelle italiane, smentendo di fatto la narrativa e il terrore dei titolari di farmacia italiani”.
Si tratta, insomma, di eliminare i vincoli che, sbarrando l’accesso alle farmacie, non solo penalizzano i giovani farmacisti, ma contribuiscono anche – scrive Cancellotti – “a mantenere gli stipendi bassi, perché senza la possibilità di diventare titolari, i dipendenti hanno meno potere contrattuale”.
E proprio le retribuzioni, secondo i presidente della sigla delle parafarmacie, sono un altro aspetto sul quale si tende a non considerare quel che accade in altri Paesi d’Europa. In Italia, gli stipendi dei farmacisti dipendenti sono infatti mediamente più bassi rispetto a quelli di molti altri Paesi europei, dove gli stipendi sono più alti, “in linea con il livello di responsabilità e le competenze richieste”. È come se variabili fondamentali come l’aumento del costo della vita e l’evoluzione della professione non facessero parte delle materie di contrattazione contrattuale. Ma non adeguarsi, sottolinea Cancellotti, “vuol dire perdere i farmacisti dipendenti che preferiscono non lavorare più in farmacia. Proporre l’assistente del farmacista come alternativa è uno sfregio a quei professionisti laureati che hanno dato tanto alle farmacie, soprattutto durante la recente pandemia, senza avere le giuste retribuzioni economiche”.
Dal punto di vista di Cancellotti, guardare all’Europa significa quindi imparare “che aprire il mercato potrebbe portare a prezzi più competitivi, migliori servizi per i cittadini e stipendi più alti per i farmacisti”. Ma chi ha interesse a mantenere lo status quo, preferisce non guardare all’Europa su questi temi, lascia intendere il presidente Unaftisp, che conclude con un interrogativo: “Perché si guarda all’Europa solo quando fa comodo?”