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martedì 14 Gennaio 2025
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Relazione Ivg 2024 (ma i dati si riferiscono al 2022), cresce il numero degli aborti, +3,2%

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Roma, 10 dicembre – Il ministero della Salute ha pubblicato ieri la relazione aggiornata contenente con i dati 2022 sull’attuazione della legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) e la tutela sociale della maternità, dopo il primo rilascio (lo scorso 5 dicembre) di una versione incompleta del documento sul sito del dicastero, priva delle tabelle di approfondimento sui dati relativi alle interruzioni di gravidanza. In particolare,  non erano disponibili diversi dati divisi per Regione, dagli stabilimenti che effettuano Ivg all’obiezione per categoria professionale, che sono stati appunto aggiunti solo ieri.

I dati vengono raccolti grazie al Sistema di sorveglianza epidemiologica delle Ivg,  attivo in Italia dal 198, che vede impegnati il ministero della Salute, l’Istituto superiore di sanità e le Regioni e Province autonome. Il monitoraggio avviene a partire dai questionari dell’Istat, che devono essere compilati per ciascuna Ivg nella struttura in cui è stato effettuato l’intervento, poi raccolti e trasmessi dalle Regioni.

Qui di seguito, sono riassunti a grandi linee alcuni dati contenuti nella relazione, a partire da quello che quantifica il numero delle Ivg effettuate nel Paese nel 2022 , 65.661, un numero più alto del 3,2% rispetto al 2021, quando se ne erano registrate 63.653. Il dato più accurato per valutare il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza è il cosiddetto “tasso di abortività”, che misura il numero di Ivg ogni mille donne residenti in Italia con un’età compresa tra i 15 e i 49 anni. Il tasso di abortività del 2022 è risultato pari a 5,6 per mille donne, in crescita del 5% rispetto al 2021. Il tasso di abortività maggiore riguarda le donne tra i 25 e i 34 anni ed è in linea con gli anni precedenti.

Il 92,9 per cento delle donne riesce ad abortire nella propria Regione di residenza. Il motivo per cui le donne potrebbero essere costrette a spostarsi riguarda principalmente il tasso di ginecologi obiettori di coscienza che però nella relazione non è disponibile diviso per Regione. L’obiezione di coscienza è prevista dalla legge 194 e consente agli operatori sanitari di decidere di non eseguire interventi che sono in contrasto con i propri valori e principi, tranne nei casi in cui sia compromessa la vita della paziente.

Il rapporto ha evidenziato una diminuzione delle Ivg chirurgiche, che sono il 46,6 per cento del totale degli interventi. Di riflesso, continua ad aumentare il ricorso all’aborto farmacologico. In Italia l’aborto è possibile entro i primi 90 giorni di gravidanza, oltre i 90 giorni si può praticare solo nel caso in cui la gravidanza o il parto possano mettere in pericolo la salute della donna o per gravi malformazioni del feto. Nei primi 63 giorni di gravidanza è possibile ricorrere all’aborto farmacologico, che prevede l’assunzione a 48 ore di distanza l’uno dall’altro di mifepristone, conosciuto con il nome di RU486, e di prostaglandina. Come si legge sul sito del ministero della Salute, il mifepristone “causa la cessazione della vitalità dell’embrione”, mentre l’assunzione del secondo farmaco “ne determina l’espulsione”.

Per quanto riguarda invece il metodo chirurgico, consiste nell’aspirazione del contenuto della cavità uterina e può essere eseguito in anestesia locale o generale. In passato si usava la tecnica del raschiamento dell’utero, che oggi però è quasi del tutto abbandonata perché più rischiosa. Secondo gli ultimi dati, il 7,2% degli interventi nel 2022 è stato eseguito con raschiamento, con percentuali regionali molto diverse, che raggiungono il 21 per cento in Sardegna.

Per la prima volta la relazione sull’attuazione della legge 194 contiene un dato utile a capire la reale disponibilità di medici non obiettori di coscienza: il numero di ginecologi non obiettori che effettuano Ivg. Conteggiando unicamente i ginecologi non obiettori, infatti, non si ha un quadro preciso della situazione perché non è detto che tutti i ginecologi non obiettori pratichino aborti. “Escludendo le strutture di Marche, Sardegna e Sicilia, per cui questo dato è mancante o incompleto”si legge nel rapporto “il 92,6% dei ginecologi non obiettori presenti nelle strutture in cui si pratica Ivg esegue effettivamente Ivg, mentre il 7,4% non ne effettua“.

Con la pubblicazione delle tabelle è possibile sapere quante sono le obiezioni di coscienza per categoria professionale per ogni Regione. La media nazionale di ginecologi obiettori nelle strutture in cui si praticano aborti è pari al 60,7%, un dato in diminuzione di quasi 3 punti rispetto al 2021. Anche gli obiettori di coscienza tra gli anestesisti e il personale non medico sono leggermente diminuiti. Il maggior numero di ginecologi obiettori è in Molise, dove quasi il 91 per cento dei ginecologi delle strutture sanitarie che effettuano Ivg è obiettore di coscienza. Il dato più basso si registra in Valle d’Aosta, dove i ginecologi obiettori sono il 25%. In generale, tra Regioni e Province autonome sono quindici quelle che hanno una percentuale di ginecologi obiettori superiore al 50 per cento. Più bassa invece la percentuale di obiettori tra anestesisti e personale non medico.

Nonostante il rapporto attuale sia stato pubblicato in ritardo e non sia completo, il Ministero della Salute ha messo nero su bianco la volontà di migliorare la qualità dei dati e la divulgazione delle informazioni. In particolare, con il progetto “Interventi per il miglioramento della qualità dei dati, dell’offerta e dell’appropriatezza delle procedure di esecuzione e della divulgazione delle informazioni sull’interruzione volontaria di gravidanza”, il ministero vuole migliorare l’acceso “dei cittadini a informazioni relative alla contraccezione e all’Ivg attraverso un sito istituzionale”.

Tra i vari dati offerti ci sarà anche una mappa dei punti Ivg nelle Regioni e nelle Province autonome. Al momento, infatti, non è disponibile una mappa istituzionale in cui siano elencate le strutture in cui è possibile abortire. Esistono comunque alcune realtà che si occupano di divulgazione o che fanno raccolta dati: tra queste ci sono associazioni, movimenti, iniziative partite dal basso, come Obiezione Respinta, Ivg e sto benissimo, Laiga 194 e l’associazione Luca Coscioni.

Va ovviamente salutata con favore l’intenzione di fornire dati migliori che il Ministero della Salute ha espresso nella relazione di quest’anno. Ce n’è infatti davvero molto bisogno, visto che  il report di quest’anno è stato presentato con quasi dieci mesi di ritardo rispetto a quanto stabilito dalla legge 194, e per giunta inizialmente incompleto, privo delle tabelle con i dati specifici per ogni Regione. E probabilmente si può anche fare molto meglio nell’updating delle informazioni fornite: i dati contenuti nella relazione appena pubblicata sono infatti di due anni fa, quindi non più attuali. Lo sottolinea un approfondimento del sito pagellapolitica.it, che ha opportunamente operato una piccola verifica sui ritardi e l’attualità delle varie relazioni sulla Ivg degli anni passati: la relazione che è stata trasmessa al Parlamento con meno ritardo è stata quella del 2008, uscita il 21 aprile di quell’anno. Per le relazioni dal 2020 in poi non è presente la data di trasmissione al Parlamento, ma solo la data di pubblicazione sul sito del Ministero della Salute,  che di solito avviene al più tardi qualche giorno dopo la trasmissione al Parlamento. Nel 2018 si è registrato il ritardo più ampio, con la trasmissione avvenuta il 31 dicembre. Seguono poi le relazioni del 2017 (22 dicembre) e del 2016 (7 dicembre). Ma se è vero che anche queste relazioni, come quella di quest’anno,  sono state pubblicate con mesi di ritardo, è anche vero che almeno contenevano i dati relativi all’anno precedente. La relazione pubblicata quest’anno, invece, contiene i dati relativi al 2022, aggiornati quindi a due anni fa.

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