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venerdì 11 Ottobre 2024
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Adunata della sanità privata al Brancaccio, fucili puntati contro la farmacia dei servizi

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Roma, 27 settembre –Ofelé fà el to mesté, si dice a Milano. A significare che ciascuno deve fare il suo mestiere, per far andare bene le cose.

Questo, a volerlo ridurre all’osso, il messaggio che si è levato l’altro ieri dal palco del Teatro Brancaccio di Roma, sede scelta dalla Uap, l’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori, enti e ospedalità privata presieduta da Mariastella Giorlandino (nella foto), per la manifestazione intitolata Per una sanità efficiente e sicura al servizio del cittadino, organizzata – in buona sostanza – per ribadire a gran voce che “Il farmacista non può fare il medico” (non essendo quello el so mesté) e dunque il Governo deve subito rivedere dalle fondamenta il ddl Semplificazioni che contempla tra gli altri contenuti il via libera all’effettuazione delle analisi cliniche nelle farmacie di comunità. Cominciando intanto (questa la richiesta) a sospenderlo per tre anni, per un’elementare, doverosa forma di rispetto dei principi di legalità e del diritto dei cittadini a  servizi sicuri e di livello adeguato, resi da professionisti competenti e specificamente formati.

Ma non sono davvero le uniche richieste che le sigle della sanità privata convenute a Roma (è intervenuta anche, e non è un dettaglio, la Fnomceo, la federazione professionale dei medici, con il suo presidente Filippo Anelli) hanno espresso dal palco del Brancaccio: si pretende anche chiarezza sulle norme dei nomenclatori tariffari e il loro adeguamento, e altrettanto per quanto riguardo i livelli essenziali di assistenza.

La sensazione è che la manifestazione romana promossa dalla Uap (che riunisce la grande maggioranza delle sigle della sanità privata italiana in rappresentanza di circa 95 mila strutture sanitarie accreditate sul territorio) abbia voluto mostrare i muscoli e porre dei paletti per segnare confini invalicabili, anche per lo stesso governo. Insomma, è tempo di giocare a carte scoperte e lasciarsi alle spalle la stagione delle parole. “L’interlocuzione con le istituzioni dura ormai da tempo e l’ultima nostra manifestazione pubblica risale a sei mesi fa.  Incontri, chiacchiere, numeri, nulla è stato portato a conclusione” ha affermato Valter Rufini (nella foto), presidente di FederAnisap, la federazione delle strutture ambulatoriali accreditate e non al Ssn, auspicando che l’adunata romana “sia presa dalla parte politica come un segnale. Chiedo ai politici presenti” ha esortato Rufini “di spingere il governo per un tavolo fermo, unico, comune, in cui si possa scalettare ciò che serve”.

Anche l’Ordine dei Medici (fatto, lo torniamo a dire, di grande rilevanza) è intervenuto alla manifestazione, supportando tesi e posizioni degli organizzatori. Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma, ha voluto ribadire con grande nettezza che il farmacista non può sostituire il medico. “Fra le due categorie non deve esserci nessuna commistione, così impone il Regio decreto del 1934″ ha poi chiarito Magi ad Adnkronos Salute. “Questo non significa che io sia contrario alla possibilità di fare esami e analisi nelle farmacie, purché abbiano tutte le autorizzazioni e rispettino le norme vigenti”. Il presidente dei medici romani non ha mancato di riconoscere alle farmacie un ruolo “fondamentale per il Servizio sanitario nazionale durante la pandemia, ma per esami e prestazioni occorre vigilare. Il farmacista fa il farmacista, il medico fa il medico. Insieme possono collaborare, ma quando si parla di dare alle farmacie la possibilità di erogare prestazioni professionali mediche specialistiche, dobbiamo essere molto attenti. L’obiettivo principale, come Ordine dei medici di Roma, è la tutela del cittadino” ha affermato Magi. “Il cittadino deve sapere che per le sue analisi sono stati utilizzati da professionisti strumenti in regola con le norme. Oltretutto, analisi ed esami devono essere controfirmati da chi poi li ha eseguiti, perché c’è un grosso problema di responsabilità professionale. È infatti molto grave” ha concluso il presidente di Omceo Roma “che si possano dare referti senza firma, e noi come Ordine dobbiamo vigilare a tutela dei cittadini”.

Presente al Brancaccio anche Filippo Anelli (nella foto), presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), che ha subito usato l’artiglieria pesante, accusando il Paese di aver ormai  “perso i suoi riferimenti etici. Non auspichiamo nessuna guerra tra professioni sanitarie, ma non vogliamo una sanità commerciale. Oggi sono rappresentati quasi 470mila operatori che rappresentano una professione che garantisce i diritti costituzionali e la democrazia, eticamente impegnati a svolgerla condizionando il proprio operato al bene della persona” ha affermato Anelli, aggiungendo che “le procedure messe in atto per esami e prestazioni sono frutto di ricerche ed evidenze, che costituiscono la base della nostra professione, impossibile da svolgere senza riferimenti scientifici”.

“Non vogliamo una sanità commerciale, un elettrocardiogramma si fa se ce n’è bisogno” ha continuato il presidente Fnomceo, rimarcando la differenza tra la professione medica e quella farmaceutica e la necessità di separare i ruoli. “Ho ricordato al presidente del Piemonte che dare una prestazione gratuita senza ricetta medica e con il semplice passaggio in farmacia non è un bene per questo Paese”. Anelli ha ribadito però di non voler una guerra tra professioni: “Siamo convinti che il medico non possa più prescindere dagli altri professionisti. La scommessa del futuro è lavorare insieme: medici, specialisti, farmacisti, infermieri. La medicina dei servizi può essere un’opportunità”. L’evento di oggi, ha concluso, “non è una protesta, ma la manifestazione di un disagio di una professione che chiede rispetto e dignità”.

Per completare il panorama dell’aria che tira, però, può essere utile riportare anche le posizioni dei rappresentanti delle realtà più ostili a uno sviluppo delle farmacie in direzione di nuovi servizi. Luca Marino, vicepresidente della Sezione Sanità di Unindustria, preoccupato dalla messa in discussione degli equilibri del sistema, avanza ad esempio le richieste di correggere il progetto delle farmacie dei servizi (tradotto, di non permettere alle farmacie di effettuare analisi e altri servizi che esondano nelle aree di competenza dei medici e altri professionisti) e di sospendere l’introduzione del nuovo nomenclatore, soprattutto in una fase in cui il Parlamento è  impegnato nell’esame di “due provvedimenti che impattano profondamente sul nostro settore e che possono decidere le sorti del futuro della sanità”, ovvero  i disegni di legge sulle liste d’attesa e sulla farmacia dei servizi. Intanto, “continua a pendere sul settore la spada di Damocle dell’entrata in vigore del nuovo nomenclatore dal primo gennaio 2025, con la previsione di riduzioni (almeno lo scorso anno) fino all’80%  per alcune prestazioni” mette in guardia Marino. “Nonostante le rassicurazioni del Governo non c’è ancora stato un vero confronto sul tema e si rischia una situazione di stallo con un nuovo tariffario impraticabile per le strutture costrette a non erogare prestazioni essenziali. In un contesto in cui i costi continuano a crescere, questo provvedimento metterebbe a rischio la sostenibilità delle strutture che per anni hanno contribuito al successo del nostro sistema sanitario”. A tutto questo, sottolinea Marino, “si aggiunge la proposta di affidare alle farmacie esami diagnostici senza le stesse garanzie offerte dai laboratori privati, accreditati e non. Circa il 70% delle decisioni diagnostiche è basata su un dato di laboratorio: affidare l’esecuzione di test alle farmacie significherebbe sottovalutare la complessità di queste operazioni e creare una disparità. Ci sarà un motivo per il quale un ambulatorio privato per accreditarsi deve soddisfare oltre 400 requisiti richiesti dal Dlgs n. 502/1992 mentre le farmacie potrebbero operare con una semplice autorizzazione comunale. Se le farmacie vogliono ampliare la loro attività e aprire centri diagnostici, devono soddisfare i requisiti previsti dalla leggevigente” conclude Marino, per oil quale la mobilitazione romana deve servire a ribadire l’importanza dei presidi di sanità privata sul territorio, per la garanzia di una sanità sicura, efficiente e al servizio dei cittadini.

C’è anche chi, forse eccedendo, prima e più ancora che nei toni, in qualche forzatura nell’interpretazione della realtà, ha sostenuto la “doverosa necessità” di “arginare sul nascere questo pericoloso avanzamento delle farmacie che, sia chiaro, non sono mai state e mai saranno una struttura sanitaria, ma al contrario rappresentano una mera struttura commerciale (sic!)“.

Si tratta di Fabio Vivaldi, segretario generale della Aisi, Associazione Imprese Sanitari (componente di Uap)  che parla della necessità di condurre una battaglia contro l’indiscriminato avanzamento delle farmacie” ed esprime il “fondato e reale timore del non avere nessuna garanzia sull’effettiva possibilità che queste strutture siano in grado di rispettare le regole e i criteri osservati dagli ambulatori e dalle strutture sanitarie, correndo il rischio di trovarci di fronte a realtà che potrebbero pericolosamente ‘saltare l’ostacolo’ dei requisiti previsti per le strutture sanitarie, creando uno scompenso, uno squilibrio, un’iniquità, che non ci possiamo certo permettere, alla luce di quelle competenze, di quella qualità, di quel rispetto delle regole che stanno alla base del mondo delle sanità privata, e che rappresentano, per il cittadino, da sempre garanzia di elevata qualità nelle prestazioni offerte“.

Insomma, la farmacia si trova in questo momento nella scomoda posizione dell’orso semovente che fa da bersaglio nei baracchini del tiro a bersaglio dei lunapark, con tutti i fucili puntati addosso pronti a sparare (quel che non è ancora del tutto chiaro è se, e in che modo e misura, il gestore del luna park  – il Governo – possa e voglia assicurare protezione). Intanto, a beneficio di eventuali cercatori di indizi, vanno annotate le assenze alla manifestazione del Brancaccio del ministro della Salute Orazio Schillaci  e del sottosegretario Marcello Gemmato, alle quali ciascuno può ovviamente attribuire i significati che meglio crede. Per quel che ci riguarda, in linea con il precetto paolino dell’Omnia munda mundis, siamo portati a credere che i due esponenti di governo, molto semplicemente, avessero impegni pregressi da onorare.

Indizi più probanti su quale possa essere l’atteggiamento che il Governo potrebbe mantenere rispetto alla contesa – ché di questo ormai si tratta – tra farmacie e “resto del mondo” (sanitario, s’intende), vengono semmai dalle dichiarazioni di qualche importante esponente della maggioranza.

La più significativa tra tutte è forse quella del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, presente alla manifestazione del Brancaccio (nella foto). “Stimo e ho un giudizio estremamente positivo dell’attività delle farmacie” ha detto il parlamentare di ormai lungo corso, che in effetti in passato ha dato più volte dimostrazione di comprendere ed essere vicino alle ragioni della farmacia italiana. Però, ha aggiunto, “credo che ciascuno debba fare il proprio mestiere. Se il laboratorio d’analisi deve avere tantissimi controlli e verifiche per svolgere le proprie attività, e se qualcuno vuole fare un’attività analoga, questo deve avere gli stessi requisiti e sottoporsi alla stessa trafila”.

Gasparri si augura quindi che “da parte del Governo ci sia un approfondimento parlando del mondo dell’analisi medica di cui tutti quanti usufruiamo, con l’Uap e con tutti gli ambulatori, e ascoltare anche le ragioni della farmacia, che sicuramente è un presidio di prossimità importante per tutti noi quando non ci sono patologie gravi”. Credo “che non si possa creare una confusione, danneggiando chi ha fatto investimenti, chi garantisce determinati standard. Non vorremmo che poi delle multinazionali prelevino campioni e li portino a destra e a manca, così che poi quei campioni che dicono dello stato della nostra salute possano essere analizzati in condizioni non ideali”.

La conclusione del senatore “vicino” alle farmacie è che sulla tutt’altro pacifica questione del “chi fa cosa e come” in materia di servizi e analisi, il ministero della Salute dovrà garantire “prudenza, approfondimento e dovere d’ascolto”. Qualunque cosa significhi nel pensiero del senatore di Forza Italia, sembra comunque un’impresa parecchio complicata.

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