Roma, 17 novembre – Con buona pace delle reiterate dichiarazioni dei rappresentanti del governo e dei partiti che lo compongono, che un giorno sì e l’altro pure snocciolano le loro cifre per dire che nessuno ha mai assicurato tanti finanziamenti alla sanità come l’esecutivo presieduto da Giorgia Meloni, i conti non tornano. O meglio, dicono che anche quest’anno la sanità pubblica italiana è sotto-finanziata, al netto della quantità delle risorse assegnate sulla carta al Fsn.
A confermare la criticità è un’analisi diffusa ieri dalla Fondazione Gimbe, secondo la quale dei tre miliardi in più assegnati al Servizio sanitario nazionale, escludendo i rinnovi dei contratti del personale che sarebbero comunque dovuti arrivare (che pesano per 2,3 miliardi), per la sanità alla fine ci sono solo 600 milioni in più. E una parte consistente di questi, afferma Gimbe, sono destinati ai privati, “arruolati” (ovviamente non gratis) per centrare il chimerico obiettivo di tagliare le liste di attesa. “In altre parole” spiega lapidario il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta (nella foto) “non emerge alcun potenziamento strutturale del Ssn, ma solo il tentativo di risolvere, peraltro in maniera insufficiente e inadeguata, le criticità contingenti”.
“La legge di bilancio non prevede per la sanità alcun rilancio del finanziamento pubblico, ma torna a quelle cifre da ‘manutenzione ordinaria’ messe sul piatto da tutti i governi che, negli ultimi 15 anni, hanno contribuito a disgregare i principi di universalismo, uguaglianza ed equità” afferma ancora Cartabellotta, che poi fa parlare i dati. In termini assoluti, nella Legge di bilancio 2024 è previsto un incremento del Fondo sanitario nazionale di tre miliardi per il 2024, quattro per il 2025 e 4,2 per il 2026. Ciò porterà progressivamente il fondo a 135,6 miliardi nel 2026, cifra mai toccata prima, in termini assoluti, nella storia (ed è questo, comprensibilmente, il tasto sul quale batte il Governo). “Tuttavia – fa notare Cartabellotta – considerato che circa 2,4 miliardi saranno destinati al doveroso rinnovo contrattuale del personale sanitario, per tutte le altre misure resteranno 600 milioni nel 2024, 1,6 miliardi nel 2025 e 1,8 nel 2026”. Importi “talmente esigui che non riusciranno nemmeno a compensare l’inflazione, né l’aumento dei prezzi di beni e servizi”. A rischio c’è la qualità dei servizi sanitari regionali: le risorse esigue potrebbero costringere le Regioni ad adottare “strumenti per razionalizzare la spesa deleteri per la qualità dell’assistenza”, precisa Gimbe.
L’analisi della Fondazione, da anni impegnata in una campagna d’opinione finalizzata a salvare il Ssn e la sanità pubblica, riserva un’attenzione particolare all’abbattimento delle liste d’attesa, obiettivo prioritario al quale l’attuale esecutivo ha dedicato reboanti annunci e dichiarazioni. Ma, spulciando i conti della manovra in sanità, Gimbe evidenzia come essi prevedano un aggiornamento del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie dagli ospedali privati accreditati. “Un incremento dell’1% per il 2024, del 3% per il 2025 e del 4% a decorrere dal 2026”. Ciò si tradurrà in un incremento di quasi un miliardo di euro in un triennio, soldi in più che andranno nelle casse della sanità privata” sostiene Cartabellotta: “Questa disposizione appare finalizzata a sostenere le strutture private accreditate già esistenti”.
Per Gimbe, un’ulteriore complicazione potrebbe derivare dalla misura che interviene sui tetti per la spesa farmaceutica, con l’incremento dello 0,2% di quello per la spesa ospedaliera (acquisti diretti) e la riduzione nella stessa percentuale del tetto della spesa convenzionata. afferma Cartabellotta “le Regioni avranno un minor gettito dal payback perché complessivamente si ridurrà l’onere per l’industria farmaceutica”.
Criticità anche sull’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza: anche qui le risorse stanziate potrebbero non essere sufficienti.